GCF al lavoro per il cablaggio in fibra ottica

Aperti i cantieri per la banda ultralarga in 30 paesi

Entro l’anno altri 30 centri periferici collegati con banda ultralarga

Oltre 25.000 unità abitative raggiunte entro fine anno dalla rete in fibra ottica. È l’obiettivo dei cantieri che GCF ha avviato o ha calendarizzato per un’imminente apertura in una trentina di centri periferici per la maggior parte del bellunese e del vicentino. Piccoli centri e borghi nei quali il superamento del digital divide è condizione impellente per guardare al futuro. Ora più che mai.

Con il consorzio SAI scarl, costituito con Sirti, GCF è entrata nel mercato della banda utralarga da un paio d'anni, appaltando da Open Fiber progetti previsti dal Mise (Ministero dello Sviluppo Economico) nel Piano di cablaggio del territorio nazionale in tecnologia FTTH (Fiber to the Home).

Due le macro-aree tipologiche previste dal Piano: i cluster A&B, comprendenti città ad alta densità abitativa, e i cluster C&D, insediamenti situati in zone periferiche (aree “a fallimento di mercato”, secondo la definizione dello stesso MISE) nei quali la dotazione di un’infrastruttura di rete a banda ultralarga è considerata strategica per uscire da condizioni di penalizzazione per lo sviluppo.

“Com’è facilmente comprensibile – spiega Fabrizio Carnevali, dirigente GCF – la pandemia ed il conseguente lookdown hanno reso ancora più evidente la necessità di superare il digital divide, dando un impulso importante proprio ai progetti di cablaggio dei cluster C&D. Le amministrazioni locali stesse hanno intensificato le richieste e Open Fiber ha fatto l'impossibile per accelerare le fasi di progettazione in modo da poter dotare al più presto i cittadini, imprese e famiglie, lavoratori e studenti, di una connettività efficiente, uno strumento centrale e non più eludibile”.

Mentre si stanno concludendo i collaudi delle reti cablate negli scorsi mesi da GCF a Salerno, Modena, Varese, Busto Arsizio e Ancona Nord e, contemporaneamente si stanno avviando cantieri in altri due cluster A&B (Cesena e Thiene), l’impegno più consistente della Divisione Fibra Ottica di GCF è concentrato ora sui lavori avviati o di imminente avvio in cluster a bassa densità di popolazione che per lo più sorgono nel territorio di Belluno (Vallada Agordina, Canale d’Agordo, Cencenighe Agordino, Taibon Agordino, Agordo, Rivamonte Agordino, San Tommaso Agordino, Voltago Agordino, Pedavena, Fonzaso) e nel vicentino (Sossano, Asiago, Campiglia dei Berici, Pojana Maggiore, Villaverla, Montecchio Precalcino, Quinto Vicentino), oltre che nel varesotto (Cavaria con Premezzo , Solbiate Arno, Venegono Superiore).

Il cablaggio della fibra ottica

Fibra Ottica, schema del cablaggio

Un centinaio di operai organizzati in piccole squadre flessibili a seconda della tipologia di lavoro si distribuiscono ogni giorno in questi centri dotati di mini escavatori, bobcat, pale meccaniche, camion, trivelle e frese. Il loro compito è provvedere a collegare il POP, il Point of Presence, ossia il punto di arrivo delle grandi dorsali di fibra ottica, con i Punti di Snodo primario (PFP) e i punti di snodo secondario (PFS o CNO, nel caso dei cluster C&D) appositi armadi in cui ogni singola fibra viene suddivisa su più fibre terminali, fino al PTE, il Punto di Terminazione  - nel caso dei cluster C&D, è ad una distanza non superiore ai 40 metri dalle unità abitative - dove si trova il ROE (il Ripartitore Ottico di Edificio), la scatola da cui gli operatori telefonici collegheranno ogni singola utenza.

“Cablare questi centri - spiega Carnevalicomporterà effettuare 30-35 chilometri di scavo e posare all’incirca 250 chilometri di fibra. Fin dalla fase progettuale il criterio principe è di puntare a minimizzare al massimo l’impatto dei lavori. Pertanto, laddove possibile, si tende a sfruttare le infrastrutture esistenti, come linee e cavidotti dell’illuminazione pubblica che sono di proprietà dei singoli Comuni. In alternativa, quando non sia possibile sfruttare vie già esistenti, ricorriamo a tecniche di scavo che, a differenza dello scavo tradizionale, hanno un basso impatto ambientale, acustico, ed economico”.

Oltre alle mini-trincee larghe soltanto 10 cm - dunque, a ridotti costi di ripristino - e ricavate con macchine fresatrici in grado di aspirare i materiali di scarto, riducendo polveri e disagi per i cittadini, la tecnica privilegiata, la “no dig” è preferita in quanto prevede la perforazione del suolo a circa 2/3 metri di profondità con l’impiego di trivelle teleguidate capaci di scavare, a partire da un pozzetto di lancio, tunnel orizzontali per tratti da 100 a 200 mt: un sistema “invisibile” in superficie, che non richiede opere di ripristino e che ha un impatto acustico contenuto.

Continua Fabrizio Carnevali: “Queste due tecniche a basso impatto ad oggi hanno coperto circa l’80% dei tracciati di scavo, minimizzando non di poco l’impatto dei lavori di cablaggio per le persone. Un aspetto non secondario, se si pensa che riguarda le 31.000 Unità Immobiliari collegate con quasi 500 km di fibra ottica posata in 126.000 metri di cavidotti”.

Con questa nuova fase di intervento nei cluster periferici, oltre 25.000 famiglie potranno fruire entro fine anno della banda ultralarga. Un passo importante per il futuro di aree in cui lo sviluppo non può prescindere dal superamento dell'isolamento e del digital divide.